in sospensione tra cielo e terra...

in sospensione tra cielo e terra...

martedì 27 agosto 2013

ricordando la mia terra...


Sono quì, a Seveso, da un anno...Il tempo è trascorso e trascorre lentamente, con serenità, nonostante la vita ed i problemi ad essa relativi...la ma terra è lontana, migliaia di chilometri, ma la voce dei miei cari la riporta a me, ogni altro giorno...ad essa dedico queste parole ancora mai pubblicate, ma che fanno parte di me, parole che cercano di tradurre pensieri ed emozioni, spesso al limite che voglio oggi condividere con chi mi legge...


"Non è agevole riuscire ad esprimere con parole semplici il legame che si crea tra l'uomo e la terra che ne ha visto la nascita o meglio che lo ha generato, giacché se così non fosse non potremmo parlare di radici. L'uomo, albero di pelle, carne ed ossa, nel momento in cui vede la luce stringe un patto perenne con l'habitat che lo circonda e di esso si nutre  nutrendolo; è un rapporto sinergico, osmotico, perciò se il tessuto sociale della sua  terra è sano egli sarà un uomo retto, ma se il substrato dal quale attinge linfa è malato egli finirà, irrimediabilmente, con l'esserne contagiato. Perché tale affermazione? Perché è facile amare svisceratamente la propria  terra rimanendone lontani, subendone solo la fascinazione, il ricordo nei profumi, nei sapori, nell'armonia del dialetto...E' facile ed anche bello, gratificante, e serve a stemperare il senso di colpa provato nell'allontanamento! Diventa  meno facile se questa terra gravita nell'area meridionale, dove l'amore e l'odio sono i sentimenti più forti e più difficili da vivere, dove la libertà dell'uno è condizionata dalla volontà dell'altro, dove la mano destra deve ignorare l'azione della sinistra, dove il sole s'alza caldo, vivo, fecondo sulle lupare vigliacche spianate all'ombra di un uliveto evangelicamente simbolo di pace! Qui, nel sud d'Italia, all'ombra delle palme e degli ulivi si attendono quotidianamente Cristi da crocifiggere....Eppure io, che vivo da intellettuale, con tanto disagio, la mia condizione di appartenenza, non riesco a recidere il cordone ombelicale che mi avvince a questa madrematrigna capace, anche, di grande generosità, di spirito di sacrificio, di calore umano, di intelligenze ed ingegni invidiati ed emulati che hanno lasciato un'orma profonda nel mondo delle scienze, delle lettere, della matematica, delle arti figurative.....Anzi da tale cordone continuo a suggere linfa vitale per cui, quando a sera il sole va a morire dietro i monti della Sicilia, mia dirimpettaia su questa striscia di mare dalle incredibili sfumature, mi compiaccio di essere nata qui dove,spesso, l'anima muore".

come potrete notare, il cordone ombellicale è stato reciso ciò nonostante continuo a sentire la linfa vitale scorrermi dentro: essere calabresi è come portarsi dentro un marchio...è come una malattia!
Ricordo ancora quella conferenza al palazzo della Regione...le mie parole introduttive...ma di questo vi parlerò domani...






                     
                                                                                                                          

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