in sospensione tra cielo e terra...

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giovedì 20 ottobre 2016

Alcuni dei commenti critici alla mia raccolta " Arcipelago Alfa", edito da Tracce, Pescara, 1999

“ In questo nuovo libro l’Autrice giunge alla piena maturazione di una poetica centrata su una dimensione estetica particolare, che non si presta alle facili innovazioni formali  pur dimostrando una piena originalità, per raggiungere una notevole qualità dello stile. Caratterizza il testo la versificazione serrata, con versi brevi composti da una sola parola, opportunamente combinata con l’essenzialità dell’espressione, centrata su immagini e simboli di grande intensità. In questa silloge di poesie, quindi, Annamaria Barreca supera ogni istintivo autobiografismo per portare ad un livello allegorico l’Io lirico, in un orizzonte espressivo da cui emerge nettamente un testo denso di contenuti. La raccolta di poesie è corposa e unitaria, particolarmente omogenea stilisticamente.”
Dott. Ubaldo Giacomucci  dalla presentazione di Arcipelago Alfa,  Edizioni Tracce, collana di poesie Anamorfosi, Pescara, dicembre 1999,pagg. 133.

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“ Attraverso uno stile frammentato, più spesso concitato nel comunicare stati d’animo e pensieri, l’arte espressiva dell’Autrice tende a darci l’essenza delle sue emozioni riprodotte per simboli allusivi e richiami misteriosi alla realtà del vivere: amarezze, illusioni, cadute, ansie fideistiche popolano il suo mondo e la parola si fa, quindi, essenza e segno esistenziale a un tempo. Lo stile così asciutto e sintetico ben accompagna il ritmo frammentato rendendo merito alle qualità poetiche di Annamaria Barreca.” Dott.ssa  Patrizia Beraud  volume Arcipelago Alfa, Edizioni Tracce, collana di poesie Anamorfosi, Pescara, dicembre 1999, pagg. 133.
C’erano i sogni. C’era la realtà. C’era lei che li faceva incontrare.

- Charles Bukowski -

giovedì 13 ottobre 2016


Alda Merini – Milano 21 marzo 1931; 1 novembre 2009
Mi piace iniziare a parlare di Alda Merini con il titolo di un articolo pubblicato sul Corriere delle Sera del 2 novembre 2009 da Paolo di Stefano:
Alda Merini, la poetessa dei Navigli che cantò i poveri, l’amore e l’inferno.”
Sì perché questa donna geniale dedicò l’intera sua esistenza alla poesia, non tralasciando la prosa. E’ molto difficile riassumere in poche colonne l’intero suo percorso umano, tenterò comunque di farlo, proponendovi “ pillole” della sua enorme produzione letteraria. Migliaia di testi editati da grandi e piccoli editori, da Einaudi a Albatros. Un’anima inquieta ed inquietante, quella della Merini, sin dalla sua infanzia che ella così ricorda: “ Un’infanzia apparentemente, esteriormente comune ma, data la mia sensibilità acuta e forse già esasperata, ricca di toni e volte angosciosi e malinconici…” A dieci anni vince il suo primo premio letterario: “ Giovani poetesse italiane”, ma l’ostilità di una guerra mondiale le impedisce il completamento degli studi superiori e questo costituirà per la Nostra una carenza che le segnerà tutta la vita imprimendole un senso di incompiutezza ed inadeguatezza che saranno alla base dei suoi tormenti interiori che sfoceranno in una vera e propria malattia mentale che la vedrà, più volte, ricoverata presso Ospedali Psichiatrici, all’epoca manicomi. Ciononostante i suoi versi esprimono una genialità d’altissimo livello letterario: “Mi hai suscitato dalle scarse origini/ con richiami di musica divina,/ mi hai resa divergenza di dolore,/ spazio per la tua vita di ricerca,/ per abitarmi il tempo di un errore”. Non ama parlare della sua famiglia che definisce normale. A sedici anni si lega a Giorgio Manganelli, poeta e scrittore già sposato: “ ci reggevamo entrambi negli abbracci/ pregando che durassero gli intenti/ ci promettemmo il sempre degli amanti…”, la relazione passionale e tormentata è destinata a finire con il primo breve ricovero a Villa Turro per disturbi psichici. Nel 1952 pubblica il suo primo libro “La presenza di Orfeo” ed è subito successo, di lei s’interessano grandi critici e poeti come Spagnoletti, Luzi, Pasolini, Quasimodo. La sua natura irrequieta la porta ad aver bisogno di normalità, per cui si sposa con Ettore Carniti, un panettiere lontano anni luce dal suo mondo letterario. Non è una grande intuizione e presto comprende che la dimensione di moglie e madre poco s’addice alla sua frenesia cerebrale che la porta a scrivere e scrivere ossessivamente. Alla nascita della prima figlia ( 1955 ) corrisponde la pubblicazione di ben due raccolte di liriche: “ Nozze Romane” e “Paura di Dio” e di un’opera in prosa “La pazza della porta accanto”. “ Ma sopprimere il tempo in un delirio/ di amplessi vorticosi,/ è ambizione di morte o imitazione / di pressione celeste intorno a Dio?” Con la nascita della seconda figlia, Flavia, nel 1958, il suo equilibrio psichico fragile non regge all’urto degli impegni e della responsabilità di essere madre; litigi familiari furiosi culminano con il suo ricovero presso l’Ospedale psichiatrico Paolo Pini, è il 1963 e per la Merini si apre il baratro del manicomio, le figlie le vengono sottratte e date in affido ad altre famiglie. Trascorrono, così, quattordici anni, tra ricoveri e rientri a casa, il marchio della malattia mentale le è ormai indelebilmente impresso nelle carni, ma ciò non basta a spegnere la sua brama di scrittura, che continua nonostante la sua condizione. Nel breve tempo dei rientri rimane incinta di altre due figliole, Barbara e Simona, anch’esse date in affido…Di loro dice: “ Ho avuto quattro figlie. Allevate poi da altre famiglie. Non so neppure come ho trovato il tempo per farle. Si chiamano Emanuela, Barbara, Flavia e Simonetta. A loro raccomando sempre di non dire che sono figlie della poetessa Alda Merini. Quella pazza….Rispondono che io sono la loro mamma, che non si vergognano di me. Mi commuovono”. I ricoveri prostrano la sua carne ma non il suo fuoco sacro: la poesia, che finisce col testimoniare l’orribile esperienza manicomiale nel suo diverso declinare: “ Quando ci mettevano il cappio al collo/ e ci buttavano sulle brandine nude/ insieme a cocci immondi di bottiglie/ per favorire l’autoannientamento,/ allora sulle fronti madide/ compariva il sudore degli orti sacri,/ degli orti maledetti degli ulivi./ Quando gli infermieri bastardi/ ci sollevavano le gonne putride/ e ghignavano, ghignavano verde,/ era in quel momento preciso/ che volevamo la lapidazione”. La poetessa è preda di sentimenti e passioni che la distruggono: è una donna divisa che cerca e trova nella scrittura il suo riscatto, la sua salvezza. Scrive all’amico Vanni Scheiwiller: “ Di questa prigionia non ne posso più, di queste sbarre, di questi cancelli chiusi….” Nel 1979 rientra definitivamente a casa e ricomincia a scrivere, anche perché l’interesse dei critici verso i suoi scritti si è affievolito. Bisogna riguadagnare il tempo perso…Muore nell’1983 il marito, la Merini si trova di nuovo sola e mentalmente ancora fragile anche perché in condizioni economiche molto precarie; decide di affittare una camera ad un pittore per avere un piccolo introito mensile, intanto riallaccia una vecchia amicizia con un medico-poeta, Michele Pierri, che vive a Taranto e che la convince a sposarlo. E’ un nuovo inizio o solo una fuga dalla sua condizione? La morte del secondo marito e l’odio dei figli dello stesso fanno si che ancora una volta debba conoscere il ricovero nel Manicomio di Taranto. Nel 1986 rientra finalmente nella sua Milano, nella sua casa sul Naviglio, riprende a scrivere, a contattare i suoi vecchi amici, ma, nonostante il fatto che Milano sia cambiata, la vita della poetessa conosce adesso il momento del successo: le vengono assegnati premi letterari prestigiosi, è richiesta nei migliori salotti letterari, in televisione, come una diva….Sono anni questi che segnano un ritrovato equilibrio nervoso e mentale ed anche una qualche certezza economica. Continua a scrivere e pubblicare migliaia di versi…la vita vissuta sempre border line, le presenta purtroppo il triste conto della malattia: un cancro ai polmoni che la porta alla morte, così ricordano quel momento le figlie: “ Nostra madre si è spenta il 1 novembre 2009 all’Ospedale San Paolo di Milano, in seguito ad un tumore, fumando le sue amatissime ed inseparabili sigarette, una dietro l’altra fino all’ultimo, incurante dei divieti. I tristi rintocchi funebri delle campane del Duomo di Milano pesano ancora sui nostri cuori”. Vogliamo ricordare che le sono stati tributati funerali di Stato ma amiamo celebrare questa poetessa immensa con le sue parole emblematiche di un vissuto poetico senza limiti: “ Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno…per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”.
ANNAMARIA BARRECA


Ed io vi amai ombre lontane
tripudi di amori lividi celati nella cenere
Vi amai nonostante me stessa
e il tempo e il luogo
vi amai di pura follia
d’ amori incancellabili e casti
d’ amori cancellati inverecondi
Mentre le lune si susseguivano
trascorreva l’avvenenza
e il pensiero riempiva
solchi lasciati da lacrime crude
Ed io vi amai e forse v’amo ancora
ora che tutto posa e non v’è alito
né brezza a richiamare vita dacché
fugace presenza trascino versi diversi
E vi amai d ’infiniti silenzi e solitudini
blandite dallo scorrere del tempo
quando alba e tramonto correvano nell’ombra
e il vento stanco si alitava addosso

Dalla mia raccolta, in uscita, " Una vita in bilico" - youcanprint 









93

mercoledì 12 ottobre 2016

Pomeriggio bellissimo trascorso presso la Casa delle Arti- Spazio Alda Merini in compagnia di Carla Spinella che ha presentato il suo ultimo libro - prima opera in narrativa. Ha introdotto ed illustrato esaustivamente il testo il prof. Luciano Aguzzi. Un libro intrigante ed interessante, da leggere.
CARLA SPINELLA - FATTI SPECIALI DI GENTE COMUNE - RACCONTI - Edizioni La Vita Felice.



lunedì 10 ottobre 2016

All'ombra dell'ulivo riposo
Lo sguardo a colline brulle
agavi puntute
profumi di zagare
Dimentico
quanto poco valga
la vita di un uomo
il sangue versato
su questa terra fatale
dimentico...
all'ombra dell'ulivo

Dalla mia raccolta "Terragra"

domenica 9 ottobre 2016


Dalla mia ultima raccolta, adesso in stampa, " Una vita in bilico" - youcanprint

Ho affrontato tempeste aggrappata
a papiri vacillanti
ho navigato rapide senza funi di sostegno
ho sfidato ciclopiche rupi
il mio piede ha lambito il baratro
sempre ho ripreso il passo
Oggi seguo la vita come docile cagna
accetto la carezza amica
mi specchio in placide polle
sotto i brevi colli impettiti
granello tra granelli
giunco tra giunchi
                                        pietra tra pietre

 
 







Qualche notizia critica sulla mia produzione letteraria. Qui si parla di un testo " Addio Angelo" da voi già conosciuto attraverso le poesie che ho postato.
“ Anzitutto c’è da dire subito che Annamaria Barreca è dotta, ha letto molto ed ha coltivato la lettura di classici di ogni tempo. Il culto della parola è prevalente in ogni espressione che diventa carica di significati e di richiami. E’ l’anima della Magna Grecia che esplode e inonda questo parlare antico in una voce moderna senza contraddirsi: la splendida solitudine del poeta che poi non è mai solo; il desiderio del viaggio Oh! lunghe carovane contro il sole…non sempre si riesce a dar voce a quel cuore antico che senza disprezzare il tempo, la modernità, il progresso, si esprime con parole forti che possono sembrare incomprensibili, astratte, utopiche e che invece sono espressioni di una cultura universale che non è di un tempo, di un popolo, di un territorio: la cultura non conosce confini, tempo, situazioni. Quando ci sono le condizioni, quando c’è l’ispirazione, quando si è dotati, la penna è pronta e si scrive come ha fatto Annamaria Barreca….” Dott. Gino Bloise dalla presentazione di Addio Angelo a Roma nella primavera del 1993.

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 “ Addio Angelo " si presenta al pubblico dei lettori con discrezione, senza altra pretesa che quella di ritrovare un punto di contatto con un’umanità troppo presa dai propri egoismi. La raccolta di liriche che compongono l’opera riesce ad essere strumento di comunicazione, giova pensare che, in un mondo intriso di linguaggi atipici e dominato dall’immagine sulla parola, vi sia ancora qualcuno che riporta la stessa al suo valore originario. Il titolo emblematico può essere considerato l’ideale scheda rappresentativa di tutta la raccolta: l’angelo, l'io bambino,come dice la stessa autrice, che ognuno di noi ha il dovere di andare a ritrovare tra le stratificazioni del proprio vissuto spesso doloroso, rappresentano il punto di partenza e di arrivo nel cammino di un uomo. Il linguaggio secco, essenziale, colpisce per la purezza e l’assenza di manierismi, l’accezione è immediata anche se non sempre di facile comprensione. Un nuovo modo di fare poesia ed essere protagonista della propria vicenda umana.”
Dott. Pier Franco Bruni dalla presentazione di Addio Angelo al Circolo della Stampa di Taranto nell’estate del 1993.