In pantofole s'aggira
furfantello bonario.
Nella grande poltrona s'assopisce.
Intorno il conforto
di pareti candide
pavimenti candidi
idee...
Idee ritrovate e perdute
sull'ali d'un piccolo tafano
turbativa al silenzio placido.
Zzz...zzz...zzz...
Idee da seguire sulle tracce
di linee dorate che delineano ambienti
cornici a soffitti malati di voyerismo.
Dalla mia raccolta " Il nome spezzato "- Edizioni Periferia -CS
virgole bianco luna è una sorta di scartafaccio per addetti ai lavori. Pensieri, parole, emozioni, fuga dalla realtà; una dimensione in cui perdersi e ritrovarsi senza altro ausilio che la sottile energia che pervade ogni cellula del genoma umano.
in sospensione tra cielo e terra...
venerdì 11 agosto 2017
giovedì 11 maggio 2017
T
e r r a g r a
opalescenti dei miei mari.
E’
l’antico canto delle Sirene che ammaliarono Ulisse ed io, novello
Odisseo, mi lascio andare e le Moire non compiranno scempio né
Cariddi m’attenderà sulle frange dell’onde che mi rovesceranno
nel ventre di Scilla.
Là
le fauci degli immondi animali perderanno gli acuminati denti e
lingue fedeli lambiranno le ferite che la furia delle maree avrà
inciso sulla mia pelle.
Stringerò
in un abbraccio senza tempo miti e leggende suggendo il nettare
stillato delle laboriose mani del contadino poeta che giace ai piedi
del fico teneramente avvinto alla vite.
“ Il
caldo alito
infoca le stoppie lascia polvere dorata
su scheletri di barche.”
TERRANTICA
Cammino sui sentieri, ora piani ora scoscesi, che hanno
fermato il passo di Italo, signore e padrone di
tutte le genti con la
fermezza della mano e la saggezza della parola.
Italia
si è così nominata la mia terra e tale epitaffio le fu strappato
dallo stivale tutto che, con un pedatone, l’ha ricacciata in fondo
in fondo, sino alla punta! Le colline, sinuose o aspre, si ricoprono
due volte l’anno d’un vello verde intenso che poi scolora. I
monti ospitano pini ed abeti secolari, altipiani fecondi e laghi
cilestrini appena increspati dai venti che zufolano tra boschi di
faggi e castagni.
Le
costiere irregolari mostrano distese sabbiose piatte presto
inghiottite da scogliere impettite che guardano truci il frangersi
delle onde, la cui spuma ribolle in un gorgoglio di bollicine. Il
mare, ancora più antico, come un forziere, cela antichi tesori che
solo raramente vedono il sole: vecchie carcasse di navi, lampade
votive, ampolle, forzieri …
Enotri,
greci, romani ed ancora saraceni, bizantini, aragonesi: genti, genti
che hanno conquistato, distrutto, costruito, distrutto, conquistato
con furia. Provata e prostrata, così la mia terra. Le pietre,
consumate dal tempo e dalla salsedine, osservano, sbigottite e
rigide, l’ombra del mio piede.
ASPETTANDO LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO...
Breve sinossi:
“ Una Vita In Bilico”, rappresenta una raccolta di liriche, che nel loro insieme, hanno l'impianto di una narrazione. Diviso per capitoli, il libro, attraverso le sue poesie, racconta la storia dell'essere umano che nasce con dolore e nel dolore vive - Capitolo I “Dolorema”- per poi proseguire lungo il suo cammino esistenziale - Capitolo II “ Il viaggio”. Ma di questo viaggio l'uomo senziente deve riuscire a vivere profondamente ogni istante - Capitolo III “ L'attimo”. Il cammino è lungo e pieno di difficoltà per cui occorre fermarsi - Capitolo IV “ Riflessioni”- e pensare a ciò che si è vissuto ed a come e quanto sia importante vivere, oltre che fuori di sé, anche dentro di sé: la ricerca più profonda che un uomo può fare. Come in ogni buon romanzo, c'è una fine - Capitolo V “ Epilogo”, che chiude il cerchio, o almeno questo dovrebbe essere l'intento, di tutta un'esistenza. Una lettura interessante, dolorosa, che invita alla meditazione ed all'osservazione. La parola è un veicolo che non ha eguali e solo la poesia può esserne l'interprete.
Breve sinossi:
“ Una Vita In Bilico”, rappresenta una raccolta di liriche, che nel loro insieme, hanno l'impianto di una narrazione. Diviso per capitoli, il libro, attraverso le sue poesie, racconta la storia dell'essere umano che nasce con dolore e nel dolore vive - Capitolo I “Dolorema”- per poi proseguire lungo il suo cammino esistenziale - Capitolo II “ Il viaggio”. Ma di questo viaggio l'uomo senziente deve riuscire a vivere profondamente ogni istante - Capitolo III “ L'attimo”. Il cammino è lungo e pieno di difficoltà per cui occorre fermarsi - Capitolo IV “ Riflessioni”- e pensare a ciò che si è vissuto ed a come e quanto sia importante vivere, oltre che fuori di sé, anche dentro di sé: la ricerca più profonda che un uomo può fare. Come in ogni buon romanzo, c'è una fine - Capitolo V “ Epilogo”, che chiude il cerchio, o almeno questo dovrebbe essere l'intento, di tutta un'esistenza. Una lettura interessante, dolorosa, che invita alla meditazione ed all'osservazione. La parola è un veicolo che non ha eguali e solo la poesia può esserne l'interprete.
Annamaria Barreca
Dal capitolo il viaggio:
Il viaggio
Quando è cominciato il tutto? Inane la risposta. Spersi nel tempo e nello spazio navighiamo da sempre.
Anime vecchie ci aggiriamo in attesa di morti e di resurrezioni. Dimentichi, esanimi, in attesa di corpi in cui sostare per riprendere altre rotte, in un viaggio oltre i mondi che spinge all’indagine, all’espiazione.
È un circolo virtuoso che attraverso i vizi umani tende al culmine.
È un infinito riandare certi che mai si giungerà ad un approdo.
In viaggio…
Squarcia il mio buio questo cielo
d’azzurro intenso caduto sul verde
curato o sciatto che sia
Lascia dietro aromi intensi come
intense sono le pagine della mia vita
L’abisso cobalto appena aggrondato
culla gusci variopinti sparsi
dall’insana urgenza di dominio
Il mio è un guscio di noce stantia il
frutto s’è sperso nel crepuscolo
del tempo
***
Un tetto rosso m’insegue mi ricorda…
Sette anni di disperata serenità
roventi estati sulla pelle di latte
algidi inverni e vani fuochi a scaldarli
Le primavere gli autunni come fantasmi
sfilavano allineati alle loro ombre
dormienti
Dal capitolo il viaggio:
Il viaggio
Quando è cominciato il tutto? Inane la risposta. Spersi nel tempo e nello spazio navighiamo da sempre.
Anime vecchie ci aggiriamo in attesa di morti e di resurrezioni. Dimentichi, esanimi, in attesa di corpi in cui sostare per riprendere altre rotte, in un viaggio oltre i mondi che spinge all’indagine, all’espiazione.
È un circolo virtuoso che attraverso i vizi umani tende al culmine.
È un infinito riandare certi che mai si giungerà ad un approdo.
In viaggio…
Squarcia il mio buio questo cielo
d’azzurro intenso caduto sul verde
curato o sciatto che sia
Lascia dietro aromi intensi come
intense sono le pagine della mia vita
L’abisso cobalto appena aggrondato
culla gusci variopinti sparsi
dall’insana urgenza di dominio
Il mio è un guscio di noce stantia il
frutto s’è sperso nel crepuscolo
del tempo
***
Un tetto rosso m’insegue mi ricorda…
Sette anni di disperata serenità
roventi estati sulla pelle di latte
algidi inverni e vani fuochi a scaldarli
Le primavere gli autunni come fantasmi
sfilavano allineati alle loro ombre
dormienti
martedì 21 marzo 2017
La vita è un ingiusto congegno a tempo.
#lannapensiero
#lannapensiero
Annamaria Barreca ha condiviso il post di Francesco Idotta.
mercoledì 15 marzo 2017
Marilena
venne dopo, minuta, brunetta, indipendente e determinata, attraversò
il mio cielo con la velocità di un frammento stellare lasciandomi
con il gusto amaro dell’attimo non vissuto ma semplicemente
agognato.
Infine
ci fu Eugenia…una proposta, un viaggio a Roma, dove lei studiava,
per una breve vacanza. Un approccio diretto, il suo, che accettai. E’
ancora nitido il ricordo di quell’avventura che tanto avrebbe
influenzato la mia condotta futura. L’arrivo a Roma in serata, il
taxi che ci condusse sulla Prenestina, e poi la casa accogliente ma
disordinata come solo una ragazza può esserlo: un reggiseno sulla
poltroncina, uno slip nel bagno, dentro il bidet, scarpe e ciabatte
in giro. Solo il piccolo tavolo-scrivania era ordinato: un’agenda,
qualche penna e poi nient’altro. Segnale questo di una scarsa
propensione allo studio, direi oggi, allora non me ne curai. Riviste
di moda, qualche fotoromanzo, un televisore piccolo, un lettore di
musicassette, nella libreria pochi libri, mal riposti.
Eugenia
mi lasciò guardare il tutto poi, porgendomi il borsone, mi disse:
“Mettilo
in camera da letto Mat, tanto dormiamo insieme. Se vuoi puoi andare
in bagno, ti porto l’asciugamani.”
Eseguii,
presi il borsone e poi andai in bagno a rinfrescarmi. Mi guardai allo
specchio e fui preso da una certa inquietudine: che cosa ci facevo
lì? Chi era Eugenia? La conoscevo da qualche settimana, era amica di
un amico, nient’altro che questo.
Avevo
vent’anni ed ancora non avevo avuto rapporti sessuali completi con
una donna…ecco che cosa ci facevo! Meglio un’amica occasionale
che una puttana, mi ero detto, e così l’avevo seguita su quel
treno, in quella casa. Cenammo con pizza e vino dei castelli, fresco
e frizzante al punto giusto…tanto vino, un bicchiere dopo l’altro,
per sbloccarmi e lasciarmi andare.
Eugenia
mi stava vicinissima e mi scrutava con i grandi occhi verdi spersi
nei miei, sembrava volesse leggervi dentro, vedeva il mio imbarazzo,
la mia voce un po’ stridula, ma credo non avesse capito che quella
era la mia “ prima volta”.
Si
levò la maglietta e rimase in reggiseno poi mi chiese di fare la
stessa cosa, eseguii frettoloso, ci baciammo…sapevamo di pizza ai
quattro formaggi e di vino…ben presto anche i pantaloni finirono
sul pavimento. Le sue mani erano calde ed appiccicaticce quando si
posarono sul mio pene ancora a riposo. Si levò il reggiseno e due
meline furbe puntarono dritte sul mio viso, sembravano essere il
giusto compendio a quel fine pasto! Baciai le superfici morbide e
presi a suggere un capezzolino, lei, intanto, si dava da fare dentro
il mio slip: mi titillava i testicoli e baciava timidamente il mio
sesso che, al contatto delle sue labbra, si eresse vigoroso e felice:
“ E’
fatta!” pensai…
Ci baciammo e carezzammo a lungo distesi sul letto…dolcemente le fui sopra ed entrai nel suo antro che si schiuse ed ingoiò il mio pene…Non so quanto andò avanti quel vai e vieni piacevole, so solo che avevo gli occhi chiusi per assaporare meglio le sensazioni. Ad un certo punto Eugenia, come un serpentello, si sottrasse alla penetrazione e mi fu addosso…aprii gli occhi e mi trovai la sua vulva bagnata quasi sulla bocca. La mia reazione fu immediata: il pene mi si afflosciò e fui preso da un conato di vomito.
Lasciai
il letto e corsi in bagno dove vomitai pizza, vino e quant’altro il
mio stomaco potesse contenere…mancò poco che rigettassi anche le
sue meline! Non volevo mortificarla, ero imbarazzato…addossai tutto
a problemi gastrici e la pregai di scusarmi, ero troppo spossato, non
era il caso di riprovarci, sarebbe stato meglio andare a letto…La
poverina non poté fare altro che accettare. Trascorsi una notte
insonne, non ero abituato a dormire con qualcuno nel letto.
Il
mattino dopo le comunicai che il malessere non era passato per cui
sarei ritornato a casa mia. Non insistette, ci salutammo come due
estranei. Avevo voglia di fuggire dalla visione della sua intimità
aperta e gocciolante sul mio viso.
Il
viaggio di ritorno lo trascorsi pensando all’accaduto e cercando
una risposta alla mia reazione esagerata: avrei dovuto trovare
eccitante quella posizione e la sua disponibilità a fare quel gioco
erotico, invece…
Una
volta a casa decisi di mettermi a studiare con impegno: dovevo
laurearmi al più presto! Volevo lavorare e rendermi indipendente
dalla famiglia. Sentivo la necessità di vivere una vita più
appagante. Il ricordo dell’esperienza con Eugenia mi indusse a
parlarne con Luigi, l’unico amico di cui mi fidassi, egli, anziché
confortarmi mi disse:
“ Matteo,
sei da ricovero! A me non è mai capitata una ragazza così
disinibita e disponibile…”
Ero
io ad avere il problema, dunque, anzi ero io “ il problema”!
Dedussi ciò mestamente, intanto cominciai ad indagare più
profondamente su i miei appetiti sessuali e sulle scelte fatte o da
fare.
lunedì 9 gennaio 2017
Dal mio romanzo " VUOTI A PERDERE", disponibile oggi come ebook/epub-mobi. su youcanprin.it - lafeltrinelli.it - mondadoristore - unilibro - Ibs.it e scaricabile su tablet, android ecc..a € 1,99.
Il filo dei ricordi mi tiene compagnia nella penombra di questa cameretta grigioazzurro che odora di disinfettante e di presagi di morte. Il breve scalpiccio nel corridoio mi segnala che la notte qui non rappresenta una condizione legata al riposo, anzi.
La notte amplifica le sensazioni, le estremizza, acutizza i dolori fisici e morali, nonostante i farmaci sedativi. Il riposo viene volutamente tenuto lontano… ho l’impressione che chiudendo gli occhi si stacchino i contatti vitali con il resto del corpo al punto d’essere proiettata in una dimensione di non ritorno.
Non sono ancora pronta al grande salto ed i medici concordano che la mia patologia, per quanto grave, non metta a rischio la mia vita.
A rischio…Ho sempre affrontato con determinazione e coraggio qualunque ostacolo. Ho intrapreso azioni audaci conscia di quello a cui andavo incontro. Ho giocato con la vita: mia e degli altri. La professione esercitata mi ha fatto esporre in prima persona, ho dovuto lottare contro l’ottusità maschile, che ha sempre rivendicato una maggiore capacità ed ho maledetto spesso il mio essere donna. Nelle viscere, tra le gambe, ho celato una doppia identità e, in questo mio essere, la parte maschile ha prevalso su quella femminile, legata al ruolo atavico di dipendenza dall’uomo. Ho sostenuto quest’equivoco per più di mezzo secolo con convinzione. Ho indossato gonne aderenti e pantaloni informali, come Giano ho utilizzato la faccia necessaria al momento opportuno, ho soffocato l’anima per ascoltare i suggerimenti della mente, ho controllato la sofferenza impedendomi di cadere o anche semplicemente di scivolare: la posta in palio era troppo alta!
Il filo dei ricordi si scoordina e confonde…Forse sono i farmaci, forse è il mio cervello che, stanco di essere sotto pressione, ha deciso di prendersi una pausa di riflessione…
Respiro a fondo sentendo l’aria che entra dalle narici con forza, quella che passa dalla narice destra par quasi strozzata, una sorta di stenosi del turbinato che produce un suono bizzarro, poi espiro lasciando uscire con l’aria anche il tedio: una nebulosa invadente che riesce a coprire qualunque accenno d’angoscia.
L’idea della sofferenza non mi fa paura, continuo ad inspirare ed espirare sull’onda dell’insegnamento del mio maestro di yoga…
Svuoto la mente: un globo bianco si forma all’altezza del diaframma m’investe totalmente e mi proietta in una dimensione opalescente priva di gravità, volteggio a gambe incrociate finché mi fermo all’interno di una piramide vetrificata la cui base s’unisce a basi di altre piramidi sino a dar vita ad un tetraedro stella luminosissimo. La mia figuretta quasi sparisce nell’immensità di questa forma geometrica policroma: sono pervasa da un benessere totale che mi allontana dal luogo, dal tempo…
E’ sempre così, la meditazione produce effetti straordinari che mi trasportano oltre il limite terreno per aggregarmi a parti di universo sconosciuto: dimensioni parallele o baratri della psiche? Me lo sono chiesta tante volte… rimango sospesa in una condizione di mezzo…l
Il filo dei ricordi mi tiene compagnia nella penombra di questa cameretta grigioazzurro che odora di disinfettante e di presagi di morte. Il breve scalpiccio nel corridoio mi segnala che la notte qui non rappresenta una condizione legata al riposo, anzi.
La notte amplifica le sensazioni, le estremizza, acutizza i dolori fisici e morali, nonostante i farmaci sedativi. Il riposo viene volutamente tenuto lontano… ho l’impressione che chiudendo gli occhi si stacchino i contatti vitali con il resto del corpo al punto d’essere proiettata in una dimensione di non ritorno.
Non sono ancora pronta al grande salto ed i medici concordano che la mia patologia, per quanto grave, non metta a rischio la mia vita.
A rischio…Ho sempre affrontato con determinazione e coraggio qualunque ostacolo. Ho intrapreso azioni audaci conscia di quello a cui andavo incontro. Ho giocato con la vita: mia e degli altri. La professione esercitata mi ha fatto esporre in prima persona, ho dovuto lottare contro l’ottusità maschile, che ha sempre rivendicato una maggiore capacità ed ho maledetto spesso il mio essere donna. Nelle viscere, tra le gambe, ho celato una doppia identità e, in questo mio essere, la parte maschile ha prevalso su quella femminile, legata al ruolo atavico di dipendenza dall’uomo. Ho sostenuto quest’equivoco per più di mezzo secolo con convinzione. Ho indossato gonne aderenti e pantaloni informali, come Giano ho utilizzato la faccia necessaria al momento opportuno, ho soffocato l’anima per ascoltare i suggerimenti della mente, ho controllato la sofferenza impedendomi di cadere o anche semplicemente di scivolare: la posta in palio era troppo alta!
Il filo dei ricordi si scoordina e confonde…Forse sono i farmaci, forse è il mio cervello che, stanco di essere sotto pressione, ha deciso di prendersi una pausa di riflessione…
Respiro a fondo sentendo l’aria che entra dalle narici con forza, quella che passa dalla narice destra par quasi strozzata, una sorta di stenosi del turbinato che produce un suono bizzarro, poi espiro lasciando uscire con l’aria anche il tedio: una nebulosa invadente che riesce a coprire qualunque accenno d’angoscia.
L’idea della sofferenza non mi fa paura, continuo ad inspirare ed espirare sull’onda dell’insegnamento del mio maestro di yoga…
Svuoto la mente: un globo bianco si forma all’altezza del diaframma m’investe totalmente e mi proietta in una dimensione opalescente priva di gravità, volteggio a gambe incrociate finché mi fermo all’interno di una piramide vetrificata la cui base s’unisce a basi di altre piramidi sino a dar vita ad un tetraedro stella luminosissimo. La mia figuretta quasi sparisce nell’immensità di questa forma geometrica policroma: sono pervasa da un benessere totale che mi allontana dal luogo, dal tempo…
E’ sempre così, la meditazione produce effetti straordinari che mi trasportano oltre il limite terreno per aggregarmi a parti di universo sconosciuto: dimensioni parallele o baratri della psiche? Me lo sono chiesta tante volte… rimango sospesa in una condizione di mezzo…l
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