in sospensione tra cielo e terra...

in sospensione tra cielo e terra...

giovedì 11 maggio 2017

T e r r a g r a

E’ il profumo, il calore della mia terra che porto dentro, come linfa, e m’avviluppa imbrigliando la mia energia per trasformarla in perle nere adagiate sui fondali 
opalescenti dei miei mari.
E’ l’antico canto delle Sirene che ammaliarono Ulisse ed io, novello Odisseo, mi lascio andare e le Moire non compiranno scempio né Cariddi m’attenderà sulle frange dell’onde che mi rovesceranno nel ventre di Scilla.
Là le fauci degli immondi animali perderanno gli acuminati denti e lingue fedeli lambiranno le ferite che la furia delle maree avrà inciso sulla mia pelle.
Stringerò in un abbraccio senza tempo miti e leggende suggendo il nettare stillato delle laboriose mani del contadino poeta che giace ai piedi del fico teneramente avvinto alla vite.


Il caldo alito

infoca le stoppie lascia polvere dorata

su scheletri di barche.”

La Storia

TERRANTICA

Cammino sui sentieri, ora piani ora scoscesi, che hanno fermato il passo di Italo, signore e padrone di
tutte le genti con la fermezza della mano e la saggezza della parola.
Italia si è così nominata la mia terra e tale epitaffio le fu strappato dallo stivale tutto che, con un pedatone, l’ha ricacciata in fondo in fondo, sino alla punta! Le colline, sinuose o aspre, si ricoprono due volte l’anno d’un vello verde intenso che poi scolora. I monti ospitano pini ed abeti secolari, altipiani fecondi e laghi cilestrini appena increspati dai venti che zufolano tra boschi di faggi e castagni.
Le costiere irregolari mostrano distese sabbiose piatte presto inghiottite da scogliere impettite che guardano truci il frangersi delle onde, la cui spuma ribolle in un gorgoglio di bollicine. Il mare, ancora più antico, come un forziere, cela antichi tesori che solo raramente vedono il sole: vecchie carcasse di navi, lampade votive, ampolle, forzieri …
Enotri, greci, romani ed ancora saraceni, bizantini, aragonesi: genti, genti che hanno conquistato, distrutto, costruito, distrutto, conquistato con furia. Provata e prostrata, così la mia terra. Le pietre, consumate dal tempo e dalla salsedine, osservano, sbigottite e rigide, l’ombra del mio piede.





ASPETTANDO LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO...
Breve sinossi:
“ Una Vita In Bilico”, rappresenta una raccolta di liriche, che nel loro insieme, hanno l'impianto di una narrazione. Diviso per capitoli, il libro, attraverso le sue poesie, racconta la storia dell'essere umano che nasce con dolore e nel dolore vive - Capitolo I “Dolorema”- per poi proseguire lungo il suo cammino esistenziale - Capitolo II “ Il viaggio”. Ma di questo viaggio l'uomo senziente deve riuscire a vivere profondamente ogni istante - Capitolo III “ L'attimo”. Il cammino è lungo e pieno di difficoltà per cui occorre fermarsi - Capitolo IV “ Riflessioni”- e pensare a ciò che si è vissuto ed a come e quanto sia importante vivere, oltre che fuori di sé, anche dentro di sé: la ricerca più profonda che un uomo può fare. Come in ogni buon romanzo, c'è una fine - Capitolo V “ Epilogo”, che chiude il cerchio, o almeno questo dovrebbe essere l'intento, di tutta un'esistenza. Una lettura interessante, dolorosa, che invita alla meditazione ed all'osservazione. La parola è un veicolo che non ha eguali e solo la poesia può esserne l'interprete.
Annamaria Barreca
Dal capitolo il viaggio:
Il viaggio
Quando è cominciato il tutto? Inane la risposta. Spersi nel tempo e nello spazio navighiamo da sempre.
Anime vecchie ci aggiriamo in attesa di morti e di resurrezioni. Dimentichi, esanimi, in attesa di corpi in cui sostare per riprendere altre rotte, in un viaggio oltre i mondi che spinge all’indagine, all’espiazione.
È un circolo virtuoso che attraverso i vizi umani tende al culmine.
È un infinito riandare certi che mai si giungerà ad un approdo.
In viaggio…
Squarcia il mio buio questo cielo
d’azzurro intenso caduto sul verde
curato o sciatto che sia
Lascia dietro aromi intensi come
intense sono le pagine della mia vita
L’abisso cobalto appena aggrondato
culla gusci variopinti sparsi
dall’insana urgenza di dominio
Il mio è un guscio di noce stantia il
frutto s’è sperso nel crepuscolo
del tempo
***
Un tetto rosso m’insegue mi ricorda…
Sette anni di disperata serenità
roventi estati sulla pelle di latte
algidi inverni e vani fuochi a scaldarli
Le primavere gli autunni come fantasmi
sfilavano allineati alle loro ombre
dormienti